Pochi giorni fa, nel romanzo che ho iniziato a leggere, mi sono imbattuta in queste parole: “…sono pronto a giurare senza esitazioni che se ho guardato troppi film romantici è stata tutta colpa di Marge. Lei andava matta per i classici come Un amore splendido e Casablanca, ma le piacevano anche Ghost e Dirty Dancing…” (La vita in due – Nicholas Sparks).
Poichè conoscevo bene tutti e quattro i film, poiché anche io come Marge posso ritenermi un’eterna romantica, sono stata felice di apprendere la notizia che ieri sera sarebbe andato in onda in Prima visione assoluta su Rai Due proprio quel film che trenta anni fa scelse di mostrare l’amore impossibile tra il vincente Johnny Castle e il timorato brutto anatroccolo Baby Houseman: Dirty Dancing.
Dal momento che non avevo inteso subito che si trattasse del remake del 2017, ho dovuto aspettare le prime scene del film per comprendere che Johnny non sarebbe stato interpretato dal bello e impossibile Patrick Swayze e la dolce Baby da Jennifer Grey. Immediatamente ho riconosciuto Debra Messing (nota al piccolo schermo come la Grace della serie televisiva Will & Grace) nei panni della signora Houseman, e da lì ho capito che si sarebbe trattato di un’altra versione, più moderna, con attori differenti rispetto a quelli a cui eravamo state abituate.
E proprio fin da subito, ecco che le critiche non si sono fatte attendere sui social: paragoni improponibile tra gli attori protagonisti di trent’anni fa con quelli di oggi, Colt Prasset e Abigail Breslin, la nuova Baby orgogliosamente in carne: «Questa sarebbe Baby o Babe maialino coraggioso?» e ancora «Io questa copia non l’accetto».
Commenti spietati per la versione moderna che sicuramente non potrà esser minimamente paragonata a quella di un tempo: il pubblico è fin troppo affezionato a quei volti, a quelle movenze inimitabili, che hanno fatto innamorare un po’ tutte: grandi e piccine.
Tuttavia, al di là delle apparenze, può esser facilmente scorto un incontestabile punto comune: già trenta anni fa, Dirty Dancing scelse di mostrare l’amore, incredibilmente impossibile, tra il vincente insegnante di danza Johnny Castle e il brutto anatroccolo Baby che, con impegno e grande cuore, diventerà il cigno ammirato da tutti. Anche in quel caso, i ruoli erano ben definiti e il messaggio era molto chiaro: esaltare la normalità e condannare le apparenze. L’amore tra “Il Bello e la bestia”, con le opportune virgolette, che trionfa. E sì, perché alla fine nonostante le tanto criticate “forme elefantine” della giovane Frances “Baby”, volatilizzatesi improvvisamente con la Presa dell’Angelo sulle note della colonna sonora “Time of my life”, siam tornate tutti indietro nel tempo, canticchiando le parole, forse in un inglese non proprio perfetto, di un vero e proprio capolavoro musicale, ma soprattutto siam tornate alla normalità. Una normalità fatta di qualche chilo di troppo, del ragazzo che ci rifiuta, del bello e impossibile, dei sogni e di quelle speranze disilluse, forse quando, nel finale del remake, si scopre che Baby ha messo su famiglia con un altro uomo, lontano dal suo amore estivo Johnny che adesso balla a Broadway, perchè in fondo sì, c’avevamo sperato e creduto in quella possibile storia.
Pertanto, anche se siamo state subito pronte a criticare l’omaggio del 2017 al film del 1987, dobbiamo ammettere che in fondo esso stesso ci è piaciuto, perché ci ha permesso di viaggiare nel tempo verso i tempi che furono. Si sa, infatti, che il romanticismo va di pari passo con la nostalgia.