Nata nel 2001, la Cantina Lunarossa, guidata da Mario Mazzitelli, ha sin da subito avuto chiaro il suo obiettivo: valorizzare un territorio ai più sconosciuto, i Monti Picentini.
Incastonati tra la costiera amalfitana, la costiera cilentana e le montagne irpine, l’azienda che raccontiamo oggi ha come sua mission quella di dimostrare quanto questa terra possa offrire prodotti ragguardevoli. Ma soprattutto… cercando di essere il meno invasivo possibile in vigna e in cantina, e cercando di innovarsi sempre di più.
Fiano e aglianico sono i vitigni autoctoni, che confluiscono assieme ad altri nella Igp Colli di Salerno – da disciplinare una denominazione che copre tutta la provincia dell’ex principato longobardo, essendo presente sia in Costiera amalfitana sia a sud di Salerno stessa, dai Picentini fino al Vallo di Diano.
Nel corso dell’ultima edizione del Wine Business, già raccontata in alcune sue tappe durante gli ultimi mesi, la Igp in questione è stata ben rappresentata agli allievi del corso.
Uno di essi è la sommelier Sara Avossa (foto a destra – ndr) che ha dedicato all’argomento vini macerati addirittura il suo project work finale.
I cosiddetti ”orange wine” (aranciati o volendo ambrati) quale variante dei bianchi hanno preso piede in Europa grazie all’antichissima tradizione della vinificazione in anfora sulla scorta dei tipici qvevri della Georgia.
Questi ultimi, con la loro arte di origini secolari, dichiarati nel 2013 patrimonio immateriale dell’umanità dall’Unesco.
La Slovenia, inoltre, con i suoi celebri ribolla gialla e vitovska macerati secondo la tecnica dell’anfora, ma spesso anche senza, è un altro leader mondiale di questa tradizione vinicola. Idem per la vicina terra friulana, dove sorge il cuore dell’orange wine italiano (al confine appunto con la Slovenia) con esponenti di spicco quali Gravner, Sirch, Zidarich, ecc.
Tornando però al caso di oggi, Lunarossa è tra le pochissime in Campania a praticare questa coraggiosa tecnica di vinificazione. Un’azienda che possiede circa cinque ettari vitati, tutti in gestione, rivolti verso Salerno, nel territorio di Giffoni Valle Piana – luogo ben noto per il famoso festival del cinema per giovani.
Le vigne, allevate col sistema a guyot, sono impiantate su un terreno di natura calcarea-argillosa e con un microclima particolare: la brezza marina permette di areare ampiamente le vigne e abbassare le temperature diurne, con la protezione dalle intemperie dovuta alla presenza dei monti alle spalle.
La nostra attenzione si pone nel caso di specie su un vino in particolare prodotto da tale cantina, che è una tra le poche testimonianze di vini macerati in Campania: parliamo del ‘Quartara‘ Colli Salerno IGP. Ce lo spiega in questa nota tecnica proprio Sara Avossa, citando un estratto del suo project work.
Si tratta di un vino costituito al 100% da uve Fiano, macerate e fermentate per circa 60 – 90 giorni, in anfore di argilla di 250 L (chiamate “quartare” da cui il nome del vino), affinate in botte per un anno e poi imbottigliate (senza chiarifiche e filtrazioni) e conservate per un anno prima di essere introdotte sul mercato.
I primi 20 quintali di uva vengono raccolti nella seconda metà di agosto, diraspate e pigiate sofficemente ed inserite nelle anfore, in modo da avviare la prima parte della macerazione e della fermentazione spontanea. Dopo 7 – 10 giorni si procede allo svinamento e al passaggio del liquido nelle botti in cui affineranno. Il processo si ripeterà per tutta la durata della vendemmia, sia per motivi logistici sia per poter lavorare con gradi di concentrazione zuccherina differenti che, naturalmente, andranno a bilanciare il prodotto finale.
Le anfore, grezze e smaltate solo sul bordo, interrate per poterle preservare e per ottenere una pressione inversa (dall’esterno verso l’interno) che garantisce il controllo della porosità dell’argilla, verranno sigillate, in modo da permettere di lavorare in riduzione (e ottenere un prodotto dal colore non ossidato).
In tal modo si riesce ad ottenere l’esaltazione del frutto, grazie alla micro-ossigenazione dell’anfora, senza correre il rischio che le componenti organolettiche e varietali vengano “coperte” dall’azione invasiva del legno. Solo successivamente, infatti, il vino viene posto ad affinare in botti di rovere, così da ottenere un colore carico ma limpido e un ventaglio di profumi terziari coinvolgente ed unico.
Il risultato? Un vino speciale ed unico nel suo genere, contraddistinto da un colore dorato e splendente che cattura la vista e la luce. Al naso ritroviamo note di frutta esotica, di mela annurca, di frutta candita, di bergamotto, di mandorla, di biancospino, di ginestra, di fiori di camomilla, di salvia e di idrocarburi. L’impatto al sorso è elegante, morbido, molto fresco, strutturato, balsamico, minerale e sapido, ritrovando tutto il terroir di partenza.
L’ avvolgenza gustativa evidenzia poi una polpa setosa e matura, che sfocia in piacevoli e persistenti note agrumate, accompagnate anche da note affumicate sul finale.
Stiamo parlando di un vino dotato di un buon potenziale di invecchiamento, già in grande forma, ma siamo sicuri con il tempo potrà raggiungere punte di gran eccellenza.