Settedomande. Manuela Ventura: «Lea – Un nuovo giorno è il racconto di una rinascita»

A fianco di Anna Valle, con cui ha già lavorato in passato nella serie di grande successo, la protagonista del nuovo medical drama di RaiUno – per quattro puntate dall’8 febbraio -  dal titolo “Lea un nuovo giorno”, si racconta alla nostra redazione, tra attese e speranze per il futuro sullo sfondo del successo della fiction rai.

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Manuela Ventura è attrice versatile, impegnata in teatro, con alle spalle tanto cinema e televisione.

Appassionata ed empatica, ritorna in TV a fianco di Anna Valle, con cui ha già lavorato in passato nella serie di grande successo “Questo nostro amore”, con il nuovo medical drama di RaiUno – per quattro puntate dall’8 febbraio –  dal titolo “Lea un nuovo giorno”

Oltra a Manuela ed Anna Valle troviamo nel cast anche Giorgio Pasotti, Mehmet Gunsur, Eleonora Giovanardi, Primo Reggiani, Daniela Morozzi, Manuela Ventura, Marina Crialesi e Rausi Giangaré, per la regia di Isabella Leoni. 

L’abbiamo raggiunta (speciale ringraziamento alla collega Sara Morandi) per la nostra rubrica #settedomande


Ciao Manuela e benvenuta su paginasette. È partita su RaiUno – con buon successo – la serie “Lea, Un nuovo giorno”. Cosa puoi dirci del tuo personaggio nella nuova fiction Rai?
Ciao a te, a voi! Ha debuttato martedì 8 febbraio riscuotendo già un bel seguito di pubblico e di questo siamo felici. Anche Favilla ne ha gioito! Nonostante la sua presentazione, nei primi 2 episodi, sia apparsa da subito sfrontata, Favilla è un personaggio con delle sfaccettature non rivelate sin dall’inizio, che lasciano intuire delle sorprese. Dura e tagliente, non prende in simpatia la tanto attesa Lea Castelli e mantiene le distanze anche con le altre colleghe, è sfacciata nel suo impicciarsi, puntigliosa sulle questioni del lavoro, prende di mira la giovane tirocinante. Si intuisce una vita più solitaria rispetto a quella delle colleghe che parlano di famiglia e di amori. Eppure, Favilla ha una chiave ironica che la farà risultare simpatica, scopriremo anche il suo carattere guizzante, la sua generosità e disponibilità nelle situazioni di emergenza, le sue fragilità. È stato per me interessante anche proporre una immagine diversa, nell’aspetto più giovanile e nei modi più diretti, per un’attrice questo è molto stimolante.

Qual è la forza di questa fiction, calata in un tempo in cui si è passati da idealizzare l’universo medico, fino quasi a criticarlo dopo due anni di pandemia che hanno lasciato in tutti noi cicatrici indelebili?
Lea – Un nuovo giorno è il racconto di una rinascita. Lea prova a riconquistarsi la sua vita e a riprendere il suo amato lavoro.  La serie ci porta in un mondo fatto di tante piccole storie che intrecciano emozioni, amori e amicizie. È una narrazione semplice dallo sguardo al femminile, dai modi autentici, i cui toni, anche se a volte più dolorosi, seguono un andamento delicato, un’atmosfera leggera, con il piacere di raccontare personaggi e vicende piene di umanità. L’ambientazione in un ospedale pediatrico da modo di mettere una luce sul valore di quelle professioniste che in prima linea si occupano della cura e dell’assistenza in ambito sanitario, le infermiere e gli Oss, che tanto fanno e hanno fatto in questi anni così difficili. Sono figure ideali quelle che raccontiamo ma non così distanti da alcune realtà in cui, proprio in corsia, si può incontrare un grande spirito di abnegazione e dedizione nei confronti di chi ha bisogno e affronta il percorso di una malattia.

Non posso non chiederti di Anna Valle, con la quale hai già lavorato in passato. Com’è stato ritrovarvi di nuovo insieme sul set?
Non potrei non parlarne, è uno degli aspetti più belli. Anna intanto è un’ottima protagonista, che dà umanità a questo personaggio così empatico come è quello di Lea Castelli. La storia ruota attorno alle vicende che la coinvolgono, un passato che ritorna prepotente e la voglia di ricominciare. Anna è sul set piena di energia, si crea un clima davvero familiare. È premurosa anche sul lavoro degli altri, recitare con lei è una bella alchimia. È un’amica e questo per me è stato un motivo di gioia, poter lavorare di nuovo insieme, poterci rivedere e creare, insieme alle altre compagne sul set, questo gruppo di infermiere veramente affiatato.

Una carriera fatta di personaggi ogni volta sempre diversi, più comici o più drammatici, di fantasia e surreali, il piacere di incontrare e lavorare con grandi compagne e compagni di lavoro, registe e registi bravissimi. Quanto ti piace e ne sei innamorata del tuo mestiere?
Sì, ecco, è proprio come un innamoramento. Intendo che ogni volta pare essere sempre come la prima volta. Il mio approccio continua ad essere emozionato e sorpreso, a tratti incredulo e sempre grato, il coinvolgimento è profondo nelle cose che faccio, mi piace il mio lavoro, alternare il teatro al cinema, alla serie tv. Sono affascinata da quello che succede attorno, tant’è che a volte mi piacerebbe pensare di passare anche dall’altra parte della macchina da presa. Sono anche spettatrice appassionata, è una componente che fa parte del mio lavoro, guardare, nutrirmi del lavoro degli altri.

Sei stata impegnata nella campagna #nonseisola di Alley Oop, contro la violenza sulle donne. Un tema ancora terribilmente attuale…
Quello della violenza maschile sulle donne non è un tema di attualità, è una terribile condizione culturale. Non è la notizia sul giornale, cioè l’esito spietato, che deve destare la nostra indignazione, bensì tutto quello che lungamente e quotidianamente, sotto gli occhi di ognuno di noi, continua a stratificarsi in termini di discriminazione e disparità. Alley Oop, per il Sole 24 ore, come altre realtà, cerca, non solo nei giorni delle ricorrenze, di tenere alta l’attenzione, di dare sostegno alle donne, di dare voce alle belle iniziative e al ruolo femminile nel mondo del lavoro, di potenziare gli aiuti e di sottolineare quanto ancora troppo poco si faccia per fronteggiare questa disfunzione, come la poca certezza nella tutela delle vittime innanzitutto. Se poi non si mira a sollecitare, responsabilizzare gli uomini, quelli per bene, a diventare sensibili sostenitori dei messaggi e ad essere anche loro motore del cambiamento, in termini di esempio, di linguaggio, di rimessa in discussioni dei propri ruoli e “privilegi”, sarà sempre molto difficile. Oltre all’ormai inspiegabile procrastinare di decisioni necessarie per dare alle donne pari opportunità nelle scelte e nel mercato del lavoro.

Ti abbiamo vista anche a teatro, con “Baccanti” da Euripide, produzione Teatro Stabile di Catania, regia di L. Sicignano. Un altro dei luoghi della cultura che più ci è mancato in questo biennio. Quanto è stato bello rincrociare gli sguardi del pubblico in sala?

La situazione pandemica invita finalmente all’ottimismo, dopo due anni in cui a pagare un prezzo altissimo sono stati i lavoratori dello spettacolo, in particolar modo quelli dello spettacolo dal vivo e delle sale cinematografiche, cosa ti auguri dunque da questo 2022?

Metterei queste due domande insieme. Lo spettacolo Baccanti ha visto la luce dopo una lunga gestazione, interrotta più volte proprio dalla situazione di emergenza sanitaria. Finalmente il sipario si è aperto e abbiamo avuto modo di raggiungere e incontrare gli spettatori in varie parti d’Italia. Certo la sensazione è bellissima, ritornare a respirare insieme. Sicuramente ancora si percepisce l’anomalia del periodo che attraversiamo, alcune volte la capienza della sala risente della situazione contagi e relative preoccupazioni. Questo accade per il teatro e per il cinema. Ancora purtroppo accade che le compagnie si debbano fermare a causa di positività e lo spettacolo viene sospeso, le sale cinematografiche hanno avuto un calo di presenze importanti. In generale il nostro mondo a cercato e cerca di resistere, con grande impegno, nonostante i rischi. Per continuare, per andare avanti c’è bisogno che siano maggiori le attenzioni nei confronti dello spettacolo dal vivo e della cultura in generale, nel nostro paese. Mi auguro che le gravi mancanze che sono venute fuori durante questi due anni servano da sprone per aumentare gli investimenti, fare scelte più coraggiose, dare dignità, in termini di nuove norme contrattuali e leggi, alla nostra categoria che ha bisogno di un riconoscimento più serio. Troppe disparità ancora, le lavoratrici e i lavoratori hanno subito molto duramente, riprendersi non è facile, ma ci stiamo provando. In tutto questo la presenza e la partecipazione del pubblico è fondamentale.

 

 

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