Con Francesco Maglione, operatore commerciale dedito anche a progetti benefici, scopriamo oggi la storia di Kalalè, la birra artigianale nata come iniziativa di sostegno verso alcune popolazioni dell’Africa subsahariana. Mai come oggi si risente anche qui da noi in Italia e nel sud Europa del problema del caldo e della siccità.
In sette domande, Francesco cerca allora di rispondere alle nostre curiosità legate alla questa grossa sfida volta a portare acqua a chi non ne ha quasi mai di potabile.
Ciao Francesco, in zona ormai tutti ti conosciamo per la tua attività legata alla App Winelivery. Ma oggi siamo qui con te per parlare di un altro progetto, come si chiama e da quanto tempo va avanti?
Buonasera a te, Francesco. #WaterforAfricaChallenge è un progetto-sfida iniziato nel 2012 con l’ambizione di sensibilizzare sempre più persone riguardo il problema di accesso all’acqua potabile da parte di tante popolazioni nel mondo, in particolar modo donne e bambini. Nel corso degli anni, e fino ad oggi, sempre più persone si sono avvicinate al nostro progetto sostenendolo nelle forme e nei modi che di volta in volta la nostra associazione di volontariato Friends and Bikers onlus (ufficialmente registrata e riconosciuta a livello internazionale dal 2015).
Dunque, più che un progetto una vera e propria missione. Water for Africa Challenge è come dice la parola stessa una sfida, a quali Stati africani in particolare si rivolge?
Il progetto si rivolge particolarmente agli stati del Bénin e dell’Uganda dove siamo presenti con una nostra squadra di volontari in pianta stabile; anche se il problema dell’acqua, purtroppo, non riguarda solo l’Africa e proprio in questo periodo ne stiamo comprendendo sempre più l’importanza di preservarla e tutelarla.
La birra artigianale legata a questa missione, Kalalè, come è fatta ?
Kalalè è la prima etichetta di un progetto molto più ampio. Il nome riprende quello del primo villaggio al nord del Benin (ai confini con la Nigeria) dove portammo acqua per la prima volta nel 2015 a circa 300 bambini. La birra viene prodotto artigianalmente da un grosso birrificio artigianale campano che ha sposato la filosofia del nostro programma. Si tratta di una antica ricetta belga, riprodotta fedelmente con malto e grani del nostro meridione.
Per la realizzazione della vostra missione in che modo vi rivolgete ai locali ed alla catena dei distributori?
Noi non siamo molto incisivi nel proporci a rivenditori e distributori. Generalmente cerchiamo di parlare del progetto, dei benefici e della qualità del prodotto cercando di incuriosire l’interlocutore affinchè si senta nelle condizioni di far parte anche lui attivamente. Ci decide di salire a bordo di #SaveWaterDrinkBeer deve avere la consapevolezza di non dover semplicemente vendere una buona bottiglia di birra artigianale ma di sensibilizzare un buongustaio della birra che, nel mentre beve birra, sta contribuendo a donare un bicchiere d’acqua ad una donna o un bambino in un recondito villaggio dell’Africa.
Sei già stato altre volte in Africa?
Si certamente. Quando non ci sono io, abbiamo comunque una presenza costante di nostri volontari. Ogni nostra azione è presidiata in prima persona da un membro della nostra associazione. Bisogna stare attenti quando si agisce in quei luoghi, altrimenti il rischio di essere truffati è molto alto.
Oltre all’acqua in sè , una corretta igiene nella sua distribuzione in Africa. Fino ad oggi che risultati ha ottenuto il progetto dai proventi della vendita di Kalalè ?
Finora abbiamo trivellato già 3 pozzi ed un quarto è proprio in questi giorni in fase di avvio. Siamo in attesa dei risultati degli studi geologici commissionati sul territorio per capire se dove abbiamo deciso di trivellare ci sta la possibilità di intercettare qualche buona falda d’acqua da portare in superficie.
L’acqua è più che mai un bene prezioso, in periodi come quello attuale di crisi climatica e di siccità. Quali sviluppi auspichi per il futuro della vostra missione?
Mi auguro che sempre più persone si sensibilizzino nei confronti dell’acqua che, da molti, è stata definita il petrolio del terzo millennio. Per noi civilizzati è ancora semplice aprire la porta del frigorifero o il rubinetto di casa per riempire un bicchiere d’acqua, ma per tante donne e tantissimi bambini non è semplice percorrere ogni giorno chilometri e chilometri per tornarsene a casa con qualche tanica d’acqua spesso neppure potabile. E tutto ciò sottraendo tempo prezioso al gioco ed allo studio. Se riusciamo ad immaginare ed immedesimarci in questo scenario, la nostra coscienza potrebbe fortemente cambiare. E sarebbe un ottimo punto di partenza.
Grazie, in bocca al lupo per il futuro. Ciao