Si conclude oggi, 29 novembre, la Conferenza Unesco di Napoli sul futuro del patrimonio culturale mondiale. Tre giornate dense di impegni, che hanno riacceso l’attenzione sulla tutela dei beni culturali del pianeta toccando vari aspetti del problema sempre più attuale connesso ad uno sviluppo sostenibile (Agenda 2030 delle Nazioni Unite).
In particolare, la terza giornata del summit ha visto confrontarsi i delegati e gli esperti giunti a Napoli attorno ai temi del turismo sostenibile e della tutela dei siti d’arte più sensibili all’assalto dei turisti moderni.
Il post-covid, con la sua voglia di ritorno ai viaggi, ha determinato infatti un turismo definito da uno dei relatori odierni quasi come un “turismo di vendetta” (cit.) appunto perchè frutto di un periodo di arresto forzato come quello pandemico.
La Conferenza di Napoli arriva in una fase del tutto particolare, per i 50 anni dalla prima Convenzione Unesco (1972) sui beni materiali ed a 20 anni da quella sul patrimonio immateriale (2003) di cui in Campania si terrà nei prossimi giorni a Paestum la tre giorni dedicata all’Inventario dei patrimoni immateriali della regione.
Uno su tutti, fra questi ultimi, come la Dieta Mediterranea (nell’elenco dal 2010) oppure come l’arte del pizzaiolo napoletano (2017). Un’arte e un mestiere che hanno contribuito alla scelta della città capoluogo assieme al restante ed immenso patrimonio (materiale) di beni storici, artistici, archeologici ecc. che fanno parte del centro storico partenopeo.
Un centro – anch’esso nella lista dei patrimoni dell’umanità Unesco in Italia – che è stato oggetto di alcuni momenti di visita guidata a cui i delegati hanno preso parte durante queste giornate napoletane, riscoprendo i vicoli dell’area dei Decumani, il Rione Sanità, con tutti quei luoghi ricchi di storia e di cultura popolare.
Tradizioni che sono alla base della scelta di Napoli da parte dell’Unesco, per questa sua Conferenza che si colloca ad appena un anno dalla Dichiarazione MONDIACULT di Città del Messico (2022) in cui erano già state gettate le basi del futuro approccio al problema della tutela di un patrimonio (mondiale) al quale appartengono siti e tradizioni per la cui candidatura è previsto un particolare iter.
Ed è appunto alla sfida di rendere più accessibile e comprensibile tale iter di presentazione dei dossier che si rivolge l’appello del 2022 al centro della Call for action di chiusura dell’ultima Conferenza generale Unesco. Ciò al fine di una più equa rappresentanza dei luoghi candidati nelle liste Unesco, in base ai criteri di sostenibilità e di pregio culturale contenuti nei principi fondanti delle varie Convenzioni.
Nell’ultima sessione plenaria prima dell’arrivo dei ministri italiani e del d.g. Unesco, si è dibattuto intorno alla questione dello sviluppo urbano come contesto in cui si attua il passaggio dall’antico alle moderne “smart city” attraverso progetti come quello della rete Unesco delle Città Creative (programma avviato nel 2004 – ndr).
Esperienza quest’ultima che contribuisce alla rigenerazione urbana di città che cambiano identità nell’ottica di uno sviluppo e di una trasformazione al passo con i principi Unesco. Di tale aspetto ha relazionato l’architetto urbanista Vittorio Salmoni, per conto della città creativa di Fabriano, nelle Marche, in passato coordinatrice nazionale della rete delle città creative Unesco – un cluster del quale fanno parte ben 14 città italiane.
Come ricordato nella sessione mattutina dal consigliere Gennaro Rispoli (Napoli), la conferenza di questi giorni dovrebbe portare ad un futuro approccio olistico della tutela del patrimonio culturale mondiale, unendo gradualmente patrimonio materiale e immateriale e procedendo in senso univoco. Per la città ospitante erano presenti anche il vicesindaco Laura Lieto ed il sindaco, prof. Gaetano Manfredi.
La conclusione della Conferenza di Napoli è quindi attesa nel momento di incontro con la stampa presente, in cui i ministri Antonio Tajani (Esteri) e Gennaro Sangiuliano (Cultura) tracceranno le linee programmatiche della nuova Call for action assieme al direttore generale Unesco Audrey Azoulay.