Feudi Spada: dall’Umbria fra nobiltà, vino, artigianato e storie di vita vissuta

Tendenze al cambiamento, oltre Sagrantino e Sangiovese. L'Umbria del vino moderno raccontata a Vitigno Italia - Napoli

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Non soltanto storytelling del vino, ma una vicenda a metà fra narrazione storica, tradizione ed innovazione. Questo è quanto andiamo a raccontare oggi, dopo aver conosciuto di persona e toccato con mano quella che è la mission di un’azienda che non fa solo vino, ma sperimenta cambiamenti. Dall’Umbria, zona di Orvieto, ecco Alessandro Leoni, patron dell’azienda vinicola Feudi Spada. Il racconto della sua storia e della famiglia nobile degli Spada – per secoli radicata fra centro Italia ed Emilia Romagna – è avvenuto nel corso della degustazione tecnica che a Vitigno Italia – Napoli ha inaugurato la prima giornata di banchi d’assaggio e convegni incentrati sul tema del vino. 

La suggestiva cornice di Castel dell’Ovo, in mezzo al mare e punto d’osservazione privilegiato sull’intero golfo, è lo scenario in cui tutto ciò avviene ormai da qualche anno. Sul finire di maggio, pur se freddo e insolitamente tempestoso, andiamo a scaldarci con l’assaggio di alcuni vini di casa Spada. Conduzione a cura di Francesco Continisio, campano, presidente di Scuola Europea Sommelier Italia. Sguardo attento ad ogni storia di cambiamento come quella che Leoni viene a raccontare dalla terra dell’Orvieto Doc – pur non producendo tale denominazione. I vitigni dominanti della zona delle colline orvietane, fra cui il piccolo borgo di Castel Viscardo dove sorge Feudi Spada, sono il Sangiovese per il rosso e il Grechetto per il bianco. Innovativo appunto, rispetto alla tendenza all’appiattimento che l’Umbria come l’Italia in generale stanno subendo nel mercato del vino. La vocazione al cambiamento e alla sperimentazione di novità viene fuori da ogni particolare: dall’etichetta d’arte contemporanea e stilizzata a seconda dei personaggi della famiglia, alle forme di artigianato locale che nell’ex feudo della famiglia Spada riprendono vita oggi, grazie ad una serie di iniziative nate attorno alla bella realtà imprenditoriale dell’orvietano.

Nel bianco viene sapientemente unito il Grechetto (90%) al Riesling renano – vitigno differente da quello italico diffuso nell’Alto Adige. Interessante anche la storia dei rossi, da Sangiovese per quanto riguarda il rosato, sia fermo che versione spumantizzata, metodo classico 18 mesi. La zona in questione è geograficamente un territorio cerniera, quanto a vitigni ed a caratteristiche del terreno. Potrebbe essere considerata, a detta del patron Leoni, una sorta di continuazione a sud della Val d’Orcia e delle Crete Senesi, prevalendo il Sangiovese su terroir argilloso; ma area al tempo stesso schiacciata fra il cuore dell’Umbria, Toscana e Lazio – vicinissimo è infatti il lago di Bolsena, vulcanico, terra di bianchi da Chardonnay e di Est Est Est di memoria papalina. A tal proposito, gli stessi Spada, trapiantati dal centro Italia a Roma con beneplacito del Papa dell’epoca, avrebbero qui fondato l’omonimo Palazzo Spada – laddove oggi sorge la sede del Consiglio di Stato. Storie che si intrecciano dunque, attorno al vino ed alla nobiltà feudale. Le innovazioni portate nel campo dalla tendenza qui sviluppata portano però oltre, con vitigni stranieri quali appunto Riesling, Alicante, Syrah e Grenache abbinati in blend alle uve locali dell’Umbria orvietana. Ne nasce una intelligente e non pedestre “copia” delle lavorazioni francesi provenzali, del sud dunque, specialmente quanto a spumanti rosè dal colore tenue e quanto alla transalpina bacca nera del Grenache. Quest’ultima diffusa anche in Corsica, Sardegna e perfino sull’isola d’Ischia, dove prende il nome italianizzato di Guarnaccia – alternativa al Piedirosso “Per ‘e palummo” locale.

Insomma, una serie di aneddoti, come nel caso di papà Peppone, un signore di 120 kg che gira nella sua ape per recarsi in paese col nipotino, che dà il nome al blend di Syrah e Grenache al 13,5 a volte 14% di gradazione; oppure come per Orazio, l’altro nome del rosso di punta dell’azienda, in cui viene sperimentato felicemente un rosso da Alicante (vitigno francese del sud) in purezza, 100%.

Copiare dai francesi, in certi casi, non è sempre un male!” è la chiusura di Alessandro Leoni dopo la degustazione dei suoi cinque vini proposti a Napoli. 

 

 

 

 

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