La musica è come un treno sul quale salire per rivivere il meglio dei nostri ricordi; basta spegnere il mondo e alzare il volume, magari chiudendo gli occhi e tutto magicamente prende vita, tutto torna a galla.
E’ quello che mi capita ogni volta che ho la possibilità di rivedere Nuovo Cinema Paradiso di Tornatore. La colonna sonora del maestro Morricone, che stamattina ci ha lasciato, disegna a ogni inquadratura un ricordo che non sapevamo di avere, in una terra che non sapevamo di conoscere e con uno strumento – il cinema – che sa analizzarci come poche altre cose al mondo.
Quella musica, quella di questo film, è fatta di sinfonie orchestrali, trascinanti e avvolgenti, che sembrano strapparti delicatamente dal suolo e cullarti. In particolare, “TEMA D’AMORE”, che spesso ricorre in più momenti della bellica, è una apoteosi di flauti e strumenti a corda, in cui i tasti del pianoforte tengono adagio il passo, contenendosi come timide onde prima di prendere la rincorsa verso il mare aperto. Una melodia che non ci si stanca mai di ascoltare, delicata come una carezza sulla pelle, sembra trascinare i pensieri verso un mondo ignoto ai comuni mortali.
Il brano raggiunge il culmine nella scena finale, quella in cui Salvatore Di Vita (Jacques Perrin), ormai adulto, si ritrova da solo nell’intimità antica della sala cinematografica, a rivedere il film che Alfredo ha meticolosamente creato per lui, collage prezioso di tutti i baci rubati alla visione del pubblico dallo spietato campanello di Don Adelio. La passione esplode a ogni inquadratura, così come le lacrime dagli occhi e infine, poco prima del secondo minuto, anche la musica esplode, in un crescendo orchestrale che sconquassa il corpo quasi a devastarlo.
La potenza delle note del grande Maestro Ennio Morricone non è solo quella di una musica incastrata tra gli anfratti di immagini in movimento impressi su pellicola, ma è il racconto stesso concentrato in una manciata di note che sono sempre le stesse ma sempre diverse, note che hanno bisogno di andare via per ritrovarsi e riconoscersi, riaffiorando all’improvviso come un ricordo.
Al maestro dei nostri ricordi, a colui che ha messe le note più belle lì sul pentagramma delle emozioni, non possiamo che dire semplicemente grazie.