‘Ndo cojo cojo. Sonetti e sberleffi” di Gigi Proietti, “rifugiato poetico”

In un libro circa ottanta sonetti scritti tra il 1997 e il 2020, insieme a una quindicina di poesie in versi liberi e alcune riflessioni scritte durante il lockdown della scorsa primavera. Leggendoli si ha la netta sensazione di sentire la voce magistrale di Gigi che declama, sorride, cancella, si autocritica.

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“Ebbene, sì. Confesso. Sì, scrivo roba in versi. Mi dichiaro rifugiato poetico”.

Gigi Proietti, scomparso il 2 novembre del 2020 nel giorno del suo 80/o compleanno, è stato il più grande attore, regista, scrittore e interprete di un universo umano che attingeva spesso a Roma, a cui ha dato voce nella sua anima più nobile e più popolare insieme.

Stava scrivendo un libro di memorie (Rizzoli, pp 228; euro 17.50) ” ‘Ndo cojo cojo. Sonetti e sberleffi fuori da ogni regola”. In libreria dallo scorso 20 aprile con illustrazioni di una della sue due figlie, Susanna e altre dello stesso Gigi (disegni in bianco e nero compreso un autoritratto).

Il volume è a cura di Sagitta Alter (al suo fianco fin dal 1962, “siamo antichi concubini” amava dire lui genio della risata e non solo). E proprio le due figlie Carlotta e Susanna nell’introduzione sottolineano come si siano interrogate a lungo se pubblicare o meno il libro incompiuto del padre e come, insieme alla madre, abbiamo deciso di farlo integrandolo con sonetti e altri lavori del padre.

Il fatto che sia rimasto incompiuto ci ha fatto riflettere a lungo sull’aspetto malinconico dell’incompiutezza. Su quanto sia “giusto” pubblicare un lavoro non finito e rivisto dalle mani che gli hanno dato la vita. L’infinita saggezza di mia sorella Susanna è stata decisiva – sottolinea Carlotta, attrice: «È papà che ci sta dicendo cosa farne: “‘Ndo cojo cojo, unire i puntini e creare un apparente caos… solo apparente”; come a dire, nel suo repertorio dove cogli, cogli bene…”.

Ne sono usciti circa ottanta sonetti scritti tra il 1997 e il 2020, insieme a una quindicina di poesie in versi liberi e alcune riflessioni scritte durante il lockdown della scorsa primavera. Leggendoli si ha la netta sensazione di sentire la voce che declama, sorride, cancella, si autocritica.

Proietti ha regalato alla lingua italiana espressioni, parole, significati. Per capirci, se invece di dire: “Sono stato particolarmente sfortunato in quella circostanza”, uno dice: “M’ha detto pedalino”. Oppure “M’ha detto zella, se fa’ prima”.

La sua romanità si riversava soprattutto nella scrittura dei sonetti: alcuni sono diventati un appuntamento fisso anche per i lettori del Messaggero o del Fatto quotidiano, moltissimi altri sono stati recitati in eventi pubblici o sono rimasti nei quaderni che portava con sé sul set o in camerino e su cui si divertiva a costruire versi pungenti per resistere al quotidiano sfascio culturale e politico.

Per la prima volta sono raccolti in questo libro tutti, assieme ad alcuni racconti, a cui stava lavorando con gran divertimento, come le avventure di Er Ciofeca che si ritrova suo malgrado al centro di un intreccio di cronache romane agre, tra dialoghi stralunati nel suo bar o in coda dal barbieretto. “Dice: che famo oggi? Boh? La giornata non promette. Prima ho sentito una goccia, una, ma significativa. Propio sur collo..”.

Ci sono poi i disegni con cui Gigi Proietti si divertiva a fissare in pochi tratti tic, manie e piccole ossessioni del mondo intorno. Altri versi tra pubblicati e inediti, legati all’attualità politica del recente passato da Berlusconi a D’Alema alla Lega di ieri a quella di oggi, agli sbarchi ai sindaci della capitale, “ar traffico de’ Roma”. La maggior parte alla sua Roma, ai colleghi al teatro in generale, dal er Braccaccio al Globe. Alla figlia Susanna, aveva chiesto di dare un volto ai personaggi di “‘Ndò cojo cojo”.

Il risultato è un libro unico, puntellato da storie e sonetti fuori da ogni regola, capaci di far ridere e di commuovere, e che dimostrano ancora una volta il talento di un narratore e di un sonettaro.

Un vastissimo repertorio in un volume che anticipare sarebbe come scartare un regalo prima di Natale, strapperà, lacrime, risate e riflessioni. Un archivio immenso grazie al lavoro mostre di Sagitta, Susanna e Carlotta, tra poesie, versacci, alcuni molto noti altri meno, ma la sorpresa sono quelli provenienti dell’archivio personale, dal computer dove le figlie hanno “trascritto i suoi appunti dettati al telefono da lui stesso delle prime pagine del suo libro o dal suo quaderno”, e ancora gli omaggi conosciuti ai più quelli per la Morte di Alberto Sordi, Vittorio Gassman (Guardando Vittorio che dorme’: “Vittò, che brutto scherzo che c’hai fatto! Ma che se fa così? Senza di’ gnente?). Gigi Magni, ma anche poesie come Mettemo le sbarre ar Campidojo (dicembre 2014, archivio privato) a quelli scritti durante il lockdown tra questi Roma che dorme, ‘Er furbo’, inedito che inizia così: “Dice: tornamo alla normalità! Si la normalità rimane quella che avemo conosciuto insino a adesso, se farebbe mejo a nun tornacce mai”.

“Questo libro è da parte sua l’ennesimo regalo, aiuterà tutti noi a non dimenticare il bello che ci ha donato”, concludono le figlie.

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