Sette domande a Valeria Di Meglio: gli antichi sapori di Procida raccontati nel suo ”Amma cucenà”

Intervista esclusiva all'autrice del libro di ricette che raccontano Procida dal punto di vista delle sue profonde tradizioni culinarie, fra racconti di antichi saperi e storie di vita vissuta

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Immagine di repertorio - archivio press Procida 2022 ufficio stampa

Dopo averla conosciuta in occasione delle processioni dei Misteri, che percorrono Procida il Venerdì Santo, raccogliamo da Valeria Di Meglio qualche storia legata ad antiche ricette procidane. In questi giorni di pausa pasquale sull’isola Capitale italiana della cultura 2022, l’autrice del libro dal titolo Amma cucenà. Cucina, tradizioni e atmosfere dell’isola di Procida (Infinito edizioni) racconta come è nata l’idea di questo insolito ricettario di Procida. Il tutto, mentre sull’isola vanno avanti gli eventi in programma per l’anno da Capitale.

Buongiorno Valeria e buona Pasqua. Sappiamo che stai trascorrendo queste ferie nella tua Procida. Il tuo libro ‘Amma cucenà’ raccoglie storie e tradizioni della cucina isolana, ma vivendo all’estero riesci ugualmente a mantenerti fedele alle ricette di casa ?

Buongiorno, grazie, in realtà non sono proprio in ferie, ma alterno pochissimi giorni di riposo a lunghe giornate di telelavoro con la Francia. Diciamo che quando non sono a Procida nei periodi delle feste comandate, riesco quasi sempre a riprodurre piatti che ricostruiscano le atmosfere della mia isola: sto pensando alla pizza di scarole, al baccalà fritto o agli struffoli per Natale. Invece, per Pasqua, riesco a reperire carciofi che non sono proprio come quelli procidani da indorare e friggere, ma purtroppo, per mancanza di tempo, non riesco a preparare casatieddo (dolce col lievito madre), che ha bisogno essere sorvegliato con costanza e impastato in due tempi.

È appena trascorsa la Quaresima, un periodo dell’anno cui dedichi una parte del tuo libro. Ci racconti in breve il legame fra i Misteri delle processioni del Venerdì Santo e le tradizioni culinarie di Procida?

Nel libro non parlo delle tradizioni culinarie legate direttamente ai misteri, ma al periodo in cui le tavole allegoriche portate in processione si costruiscono: quindi piatti a base di verdure da mangiare durante la quaresima, soprattutto il venerdì o il mercoledì, come la pizza di semola con broccoli. Poi, sulle tavole in processione, soprattutto quelle che rappresentano l’ultima cena, non è raro trovare coniglio arrostito o pesce grigliato accompagnati da piante di insalata romana.

I limoni, l’oro di Procida, ma anche la tua copertina. Cosa hanno a Procida per sposarsi così bene con qualsiasi piatto, dalle insalate agli spaghetti a vongole fino ai dolci ?

Innanzitutto il limone procidano è meno aspro rispetto ai limoni del resto del territorio campano, forse per questo finisce per essere più versatile. Poi, noi abbiamo il caratteristico limone pane, usato soprattutto per l’insalata di limone. Questo tipo di limone è grande, con albedo estremamente spesso, poco succo ed è molto dolce.

E di conseguenza anche i vostri limoncelli hanno un sapore differente, ma restiamo in tema di distillati. La portulaca, un vero e proprio jolly. Ad Agerola la adoperano per l’amaro di erba pucchiacchella, ad Ischia ci si condisce il celebre coniglio. A Procida ?

In realtà la portulaca a Procida fino a qualche anno fa era completamente sconosciuta, si considerava come un’erba infestante. Solo di recente, tramite conversazioni sul suo utilizzo, anche con chi viene da Napoli, la si usa per condire bruschette e insalate di pomodori. Nel libro propongo un pesto a base di questa erbetta così benefica per la salute.

Il coniglio alla procidana rappresenta proprio quel trait d’union con la campagna che caratterizza l’intera isola, in cosa è diversa la ricetta da quella ischitana ?

Sicuramente il coniglio procidano è meno aromatizzato rispetto a quello ischitano e si condisce con meno pomodoro. Anche la cottura è diversa: a Procida lo si cuoce più a lungo. Poi, ogni casa, ogni ristorante, sia a Ischia, che a Procida, ha il suo modo di cucinare il coniglio. In genere a Procida usiamo l’aglio come aroma, ma per farti un esempio, nello storico ristorante dell’albergo Eldorado (che non esiste più), la signora Amelia Pietrafesa, di origini napoletane, preparava il suo coniglio con la cipolla e venivano persone apposta per mangiare quella sua versione di coniglio alla Procidana (ne parlo sul mio blog ).

Il mare è invece l’altra faccia della medaglia, essendo Procida un’isola soprattutto di marittimi e di pescatori. Piatto clou è la linguina al riccio, ma nel tuo libro a quali ricette di pesce ti sei ispirata di più?

La linguina al riccio è un piatto relativamente recente, anche se un fattore di moda lo fa ormai annoverare tra i piatti tipici della cucina procidana. Io nel libro propongo in un modo forse un po’ provocatorio una ricetta di spaghetti “salvariccio”. Non dico che è totalmente sbagliato mangiare linguine o spaghetti ai ricci, ma bisognerebbe trovare un compromesso per garantire la sopravvivenza di questo frutto di mare, troppo spesso saccheggiato. Le ricette di pesce a cui mi sono maggiormente ispirata nel libro sono quelle più antiche, tramandate da mia nonna paterna, come il calamaro imbottito (ne propongo una versione antichissima), la zuppa di pesce o la frittura di pesce. Ritornando ai frutti di mare, invece, su Amma cucenà si trova una ricetta di spaghetti con le patelle a sancire legame strettissimo col territorio nelle sue parti più selvagge.

In sostanza, Procida è un vero e proprio scrigno di antiche ricette. Ma parlaci in chiusura di quelle che hai definito “le piacevoli contaminazioni” …

Tra le piacevoli contaminazioni presenti nel libro possiamo trovare la pizza di spaghetti con zucchine o fiori di zucchine o zucca, che danno un tocco estivo alle versioni napoletane o procidane più classiche. Poi, un’altra ricetta risultata da contaminazioni è il risotto con finocchi e salsiccia: per elaborarla mi sono ispirata a una variante di questo piatto proposta da un servizio di consegna di ingredienti e ricette a domicilio in Francia che ho usato molto durante il primo lockdown. Le contaminazioni sono il risultato dell’unione tra prodotti a chilometro zero, soprattutto della zona di Solchiaro di cui parlo nel libro, e idee che vengono da altri posti in Italia o anche nel mondo. 

Grazie Valeria.

Grazie a voi. Ciao

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